Vocabolo del Dverun

Giorgio Alvazzi, nel suo La Valle di Vedro ed il Sempione, La cartografica, 1913, a pag 32, menziona qualche parola del gergo dei varzesi all'estero. Lo chiama "speciale dialetto non parlato abitualmente a Varzo, ma usato dai varzesi all'estero allo scopo di non essere intesi anche da chi conosce l'italiano" ed elenca una decina di "enigmatiche parole".
Cercavo da tempo qualche notizia in piu', visto che ai nostri tempi solo qualche parola rimane, ed ho appena ricevuto quello che e' probabilmente l'unico scritto specifico sull'argomento: Giorgio Savaglio, Vocabolo del Dverun, Domodossola, Tipografia Porta, 1911, 10 x 14,5 cm, 27 pag.
Sono tre colonne di 176 voci, in francese, dverun e italiano, e nella breve prefazione l'autore scrive: "Aviss. A pretendi mia, con quest d'ave' facc un cap lavor. A io aussu fe solament una raccolta d'ul vecc d'verun, che i neust creuf stanziavign tra da lor per mia fass capi' d'aieut." ... che i nostri vecchi usavano per non farsi capire dagli altri. Vuol dire che e' gergo e non dialetto, "creuf" non ha apparentemente un significato oggi.
Nelle brevi note sulla pronunzia, " Ü con due punti sopra si pronuncia come in tedesco che non si pronunzia in italiano, ma poco presso come dicono i carrettieri ai loro cavalli per farli andare: ü ".

Qualche esempio:
Stanza grola     silenzio, attenzione a parlare
Squitta          donna di citta'
Nei in bonora    addio
Fauscett         francese
Bella laffa      poca cosa
Creuss           parlare dialetto
Fluck            polenta
Paiartoss        poltrone
Plufar           tedesco
Garolf           gatto
Ciopa anda       paga
Questi gerghi presenti anche in altri luoghi ed altre comunita', ad esempio quella degli ombrellai sul lago, erano detti "furbesco" o "lingua gerga", e principalmente erano usati dagli imbonitori per farsi capire dai compari. Un famoso Tororotela, che non e' quello ossolano, ma Arturo Frizzi di Mantova, aveva pubblicato un analogo vocabolario nel suo "Il ciarlatano", pubblicato a puntate in appendice al "Sempre Avanti!" di Torino nel 1902, e ristampato nella terza edizione (40esimo migliaio) nel 1912. Nel Gergo dei Girovaghi con spiegazioni etimologiche, riporta 481 voci, una sola si ritrova anche nel Savaglio, "scabi" con significato di "vino". L'alta tiratura si giustifica perche' questi vocabolari vennero stampati a uso dei viaggiatori e di chiunque avesse una borsa da salvaguardare.
Questo libretto di Savaglio, invece, si riferisce a termini della vita comune, non a raggiri e piccole truffe, ma e' comunque relativo a discorsi che si voleva non far capire ai non iniziati. Egli era nato a Varzo il 28 febbraio 1871, figlio di Giuseppe e di Giuseppina Paggi (a sua volta figlia del Notaio Gio.Battista e di Domenica Savaglio). Entrambi erano maestri. Questo cognome e' attualmente presente in frazione Altreggiolo. Difficile risalire a quando questo gergo e' stato creato, e per quale motivo, in quante copie e con quale distribuzione e' stato stampato il libretto. Sembra che le pochissime copie ora in circolazione siano tutte riconducibili a un unico fondo.
Una verifica fatta con il recente "Ul dvarun" di Luciana Rigoni e Irene Salina, e con una 68enne originaria di Trasquera, sempre rimasta in valle, che si e' divertita parecchio ai miei inutili tentativi di pronunziare "z" e "s", mostra che la maggior parte (80%) delle parole sono sconosciute, e molte di quelle riconosciute hanno un significato diverso. Analogalmente un 65enne mi ha confermato che la maggior parte non le capisce.
Sono riconosciute non piu' del 20 % delle parole, da dimostrare se gergo entrato nell'uso dialettale dopo cent'anni, o dialetto impiegato come gergo, ad esempio:
areii, barlocca, bazuffia, ciajor, cige', fanzella, lanfazza, malstranch, sguezza, slimbar, stafel, squitta, zacle', bintcial, ciül da terra, hanno lo stesso significato. Altre invece, dialettali, hanno un diverso significato come gergo testimoniato da Savaglio: "scajun", sasso in dialetto, vuol dire riccone in gergo. Analogalmente "sciozza" passa da orina di vacca a donna sporca. Piu' difficile, "auniscia" da ontano a metallo, argento, e "fauscett" da falcetto a francese. Mentre non sembra conosciuto "scuriat", frusta, che mi sembra comune nel piacentino. "Pzineul", cane nel gergo, significherebbe ora uomo che va a donne.

Confrontate invece con il gergo riportato dal Frizzi: Caldi, l'e' un vasco, marconato sgobaghe un imbonimento del santo togasso, ghe stansia nelle sere do serciose da rosume, e briosa finchita, ciffo sotto la grinta de bacchina.

Nel seguente raro documento (forse l'unico con questo gergo, Imp E.V. Camis, Rue St Sabin, 58 Paris) relativo all'inaugurazione del vecchio albergo Monte Leone (nell'immagine), ho identificato 15 parole di gergo, identificate dal corsivo, miste al dialetto:

All'Alp d'Veja, Comuna da Varsc, ai 17 d'Aost 1884.
Discors,
Facc dalla Sozieta' Alpina Dverona in occasion d'l'inaugurazion d'la croeugia nova, essend present Gabriel Alasa, Carlin Bon, Sgvuanin Ciaramel de Gravona, Salmin coud Sgian (Comolo) ul medi Sgiuaun da Castel, e ul majestar Sgiaun cu dalla Ronsgia, sozi fondatur.
Cier Amis,
La Contentezza da veggia quansi dran da noi, e insema a noi, si bela et brava sgent l'am stuppa la vos in tul canareuzz, ma, fajentan un sfoeurz, a trovi inco un po d'couragg par ringraziaf da si stecc si bref d'augni a stu piscin arscinoun.
Ul but prinzipal d'ave' drizzouw su sta croeugia a' l'e' coul da de un po d'allogg a quij cuj pias da ne via tavannantan su paj j Alp, risce' la pliscia su paj giasce e pati ul frecc e la bajorda; quand quij povar majareutt y gnuirann stenc com esin, y troverann almanc un sit arparouw par pse cambias la landrina, fas sciue' i boeudas e argiaulas la mandozla. Quij povra' mastrensc ca l'an ul mulin inciauzouw, e quel povar gret chi stantin a veggia la luna rossa, o chi y n'an mi ul bonor da pse ave' ares, au leuj da ne via zaronnantan da una madona a l'auta e frejas ul mitar su paij sess miracoloeus cercantan grazi, chi suppijn ca la leiza minerala, ca jem quansi aproeuf, la porra' arciaplaj su da cap a pej e faj ave' ares asbac.
A n'em mi gnanca montouw su sta baita par uagne' boor, ma a l'em facc par fee' zuffe' quaij sovl alla povra sgent, e ausi par fe veggia c'ouss po autant begn strozze' e divertis su pall nost montagn, ca su par quell d'la Toescia, e par fe un po d' progress in tul noeust croeus.
A ringraziemm tant quij d'ul Club Alpin Talian d'ul generos concors, ca l'an prestouw alla nosta bona voeuja.
Aw proponium par conseguent d'auze' su una vota ul gumbul alla salut d'l'Italia, d'ul noeust lapaget e d'la sua brava e graziosa greta Margarita. Ewiva! Ewiva!

Riassumendo per chi non ha capito tutto, altri tempi e altre motivazioni, hanno montato questa casa, non per far soldi, ma per dare alloggio a chi rischia la vita sui ghiacciai, ed un posto per cambiarsi la camicia, fare asciugare le scarpe e riscaldarsi i pantaloni. Con un brindisi al re e alla moglie Margherita.

Ringrazio Gianni Panettieri e Osvaldo Ferrero per avermi fatto conoscere questi rari documenti.


Traduzione:

All'Alpe Veglia, comune di Varzo, il 17 agosto 1884.
Discorso,
fatto dalla Sociata' Alpina Varzese in occasione dell'inaugurazione del nuovo rifugio, presenti Gabriele Allasa, Carlino Bono, Giovannino Ciaramel di Gravona, Salmin quello del Giovanni (Comolo), il medico Giovanni di Castello e il maestro Giovanni, quello della Ronsgia, soci fondatori.
Cari amici,
il piacere di vederci qui tra di noi, e insieme a noi cosi' bella e brava gente, mi ha bloccato la voce nel gargarozzo, ma facendo uno sforzo, trovo ora un po' di coraggio per ringraziarvi di essere stati cosi' bravi di venire a questa piccola riunione.
Lo scopo principale di aver tirato su questa casa, e' quello di dare un po' di alloggio a quelli ai quali piace andare a bighellonare sulle Alpi, rischiare la pelle sui ghiacciai e patire il freddo e la tormenta; quando quelle povere maschere arriveranno stanchi come asini, troveranno almeno un posto riparato per potersi cambiare la camicia, farsi asciugare le scarpe, e riscaldarsi i pantaloni (1). Quei poveri malati che hanno il mulino bloccato (2), e quel povero marito che fa fatica a veder la luna rossa (3), o che non hanno la fortuna di poter avere bambini, invece di andare a passeggiare da una madonna all'altra, e fregarsi il sedere sui sassi miracolosi cercando grazie (4), che sappiano che l'acqua minerale, che abbiamo quasi vicino, potra' rimetterli in sesto da capo a piedi di nuovo, e fargli avere abbastanza figli.
Non abbiamo tirato su questa baita per guadagnare dei soldi, ma l'abbiamo fatto per far guadagnare qualche soldo alla povera gente, e anche per far vedere che ci si puo' tanto bene divertirsi su per le nostre montagne, come per quelle della Svizzera, e per fare un po' di progressi nel nostro dialetto.
Ringraziamo tanto quelli del Club Alpino Italiano per il concorso generoso, che hanno prestato alla nostra buona voglia.
Proponiamo percio' di alzare una volta il gomito alla salute d'Italia, del nostro re, e della sua graziosa sposa Margherita.
Evviva.

1) possibile doppiosenso
2) per donna sterile
3) far l'amore
4) esistevano gli "squarater" o "sassi della fertilita' "

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futam ul runzin, che si muore di geuzza

Avete capito qualcosa?

Dopo essermi trasferito 15 anni fa a Varzo, nell'Ossola, sono rimasto incuriosito da una frase dell'Alvazzi che menzionava strani vocaboli.
In paese nessuno apparentemente ne sapeva niente, mi fu procurata una fotocopia del "discorso del Veglia", dove c'erano una ventina di questi vocaboli.
Solo nel 2012 sono riuscito a rinracciare l'originale con una bella incisione in verde, stampato a Parigi!

Si parlava vagamente di un libretto contenentene un centinaio, introvabile, fino a che un Varzese emigrato in Svizzera mi procurò copia dell'originale del Savaglio.

A questo punto, continuando le ricerche, un allievo del Contini, professore a Friburgo, mi procurò una fotocopia dell'Italia dialettale del 1932 contenente la sua ricerca, un'altra persona mi procurò un manoscritto sconosciuto del D'Avino. Grazie ai responsabili della Biblioteca di Bellinzona ebbi accesso al quaderno fonologico di Varzo di fine '800, anche questo sconosciuto; entrai in contatto con un appassionato di studi comparati di gerghi di mestieri, e fortunosamente rintracciai l'autrice di una altrettando sconosciuta tesi sulla fonologia del dialetto di Varzo, comprendente anche un'intervista al Dottor Mazzurri, uno degli informatori del Contini. Generosamente mi dette l'originale della Tesi da consegnare alla Biblioteca di Domodossola, dove può essere consultata.

Mi sono formato nel frattempo una biblioteca su dialetti di tutt'Italia, e della Svizzera Italiana, e penso di aver rintracciato tutto lo scarso materiale esistente su quello che Contini identificò come gergo degli emigranti di Varzo.
Perchè ebbe come informatori solamente abitanti della frazione Coggia? Perchè andava a scuola col figlio dell'informatore Gervasio Salina, il grande invalido. A questo punto rintracciai la figlia Irene, che mi raccontò molti aneddoti e si prestò sia a qualche seduta di canzoni e aneddoti e ricordi insieme alle amiche coetanee, sia esaminò gentilmente, insieme alla ora defunta Cesarina Ridder, i vocaboli raccolti dal Contini.

Ritengo di avere raccolto tutto l'esistente riguardo questa raccolta di vocaboli che il Contini definì gergo. Una ipotesi alternativa è che fosse invece il residuo di un arcaico vecchio dialetto, che chiamerei Vecchio Dvarun (per il Savaglio era semplicemente Dvarun).

Con Piero Piretti ancora in vita, ci fu uno scambio di lettere sul Risveglio.

Non sarebbe mai stato possibile preparare una edizione cartacea, ma approfittando di quanto rende disponibile Amazon, presento questo studio, che comprende una comparazione di tutti i vocaboli identificati, parte dei documenti sconosciuti da me ritrovati, e le mie considerazioni: con tutti questi elementi potrete farvi una vostra opinione a riguardo. Inoltre una estesa Bibliografia riguardante Varzo e il Sempione, e la riproduzione degli introvabili: libretto del Savaglio, manoscritto del D'Avino e discorso del Veglia.

Per la corretta grafia, si rimanda al Contini e alla Fenizi.

Rodolfo Pardi