la frana di San Giovanni del 1951

Nel mese di novembre 1951 in Italia ci furono importanti alluvioni, nella zona del Po le acque invasero vastissime plaghe, sommergendo cascinali e paesi, e causando centinaia di vittime. Famosa la falla di Occhiobello, per la quale il Polesine fini' allagato, con duecentomila persone che trovarono rifugio sui tetti, sui campanili e sugli alberi (per dare un'idea, la popolazione del VCO al censimento del 2001, compreso il capoluogo, e' di 159.040 persone).
Nella nostra zona, l'alluvione colpi' in modo particolare la Valdivedro. Sulla Domenica del Corriere del 25 novembre, la pagina di copertina riportava a colori, nella fantasiosa elaborazione di Walter Molino ( che continuava l'attivita' di Achille Beltrame iniziata nel 1899) la scena della frana caduta nella zona della di San Giovanni il 12 novembre, che causo' 4 morti.
Questo il testo a commento: "Le catastrofi del maltempo. In Val Divedro, oltre Domodossola, un'enorme frana e' precipitata sulla strada e sulla ferrovia del Sempione, travolgendo un casello ferroviario. Sotto la valanga di pietre e di fango sono rimasti sepolti il casellante, i suoi due figli e un pastore che si trovava sulla montagna in cerca di alcune pecore smarrite."
La Domenica del Corriere aveva 20 pagine, costava 30 lire, come il tram e un caffe', era molto letta, non esisteva ancora la televisione. Era stata varato quell'anno il sistema di tassazione voluto da Vanoni, con ricchezza mobile, complementare e fabbricati, e pagavano praticamente i pochi che guadagnavano piu' di 50.000 lire al mese (a Milano 180.000 dichiarazioni su una popolazione di 1.300.000). Dava questo tipo di notizie, oltre a racconti, barzellette, giochi e pubblicita'. Essere in prima pagina, testimonia l'importanza data all'evento, mentre al Polesine e alla tassazione Vanoni erano dedicate le pagine interne.
Per individuare oggi la zona della frana, bisogna ricordare che nel successivo 19 agosto 1958, la frazione di San Giovanni fu spazzata via da un'ulteriore frana e dalla piena furiosa del Diveria, che altero' il paesaggio, seppellendo le case, e alzando il letto del torrente di una quindicina di metri, causando una quindicina di vittime. Proveniendo da Crevola per la statale 33 del Sempione, in corrispondenza del segnale stradale sbarrato della fine del comune di Crevola, sulla sinistra c'e' un gruppetto di case, tutto quello che resta. La strada non era l'attuale, ma il percorso era in basso a sinistra dove c'era il paese. La ferrovia, ancora piu' a sinistra, dove e' ancora adesso, viaggiava allo scoperto, come era il casello, abitato dal casellante e la famiglia. A quel tempo c'era un certo numero di caselli, distanziati opportunamente per permettere ai guardalinee di ispezionare periodicamente il tratto ferroviario assegnato. Il successivo casello si puo' intravedere continuando verso Varzo, dopo il congiungimento con la superstrada dopo la galleria, sulla destra. Dopo la frana, il percorso ferroviario fu coperto in galleria, e dopo quella del 1958, la strada fu spostata nel percorso attuale.

L'evento e' anche ricordato dal numero 4 dell'Illustrazione Ossolana del 1960 (pag 7-15) che nelle illustrazioni mostra anche come era San Giovanni prima del 1958. Citero' qualche passo significativo:
"Il luogo del sinistro. Lunedi' 12 novembre 1951, uno scoscendimento immane seppelli' un lungo tratto della ferrovia del Sempione di fronte al villaggio di S. Giovanni.
La localita', detta S.Giovanni da una chiesina semidistrutta nel 1951, e' all'imbocco della Valle Divedro, a breve distanza di Domodossola. La grande strada del Sempione entra nella valle sulla sinistra idrografica, molto alta sul torrente Diveria; ma subito poi si inoltra nella gola con ripida discesa che l'avvicina al torrente. La carrozzabile costruita da Napoleone e' l'erede dell'antica strada romana; ma quest'ultima, a pochi passi da S. Giovanni, si spostava per portarsi sul fianco destro dove ora corre la ferrovia del Sempione, varcando la Diveria con l'antichissimo e pittoresco Ponte dell'Orco.
La carrozzabile invece, rasentate le rocce straponbianti pel ponte dell'Orco, scendeva su di un vecchio terrazzo alluvionale, discretamente infossata nel suo letto, e non minacciosa, la Diveria. Proprio laggiu' dove piu' si avvicinava al torrente, la strada napoleonica era affiancata da una duplice fila di case modeste; prima di sorpassare le ultime case la carrozzabiole riprendeva poi a salire costeggiando la Diveria, in direzione di Varzo.
Precedenti storici sono: il nubifragio di Cuzzago del 24.8.1900, il 1250 e 1328 a Vergonte, il 1642 a Antronapiana (150 morti), il 1834 a Crodo.Il 21 febbraio 1921 uno scoscendimento dovuto al disgelo primaverile, provoco' il distacco di enormi massi di gneiss dalle rocce sovrastanti la ferrovia poco oltre S. Giovanni. La galleria artificiale di protezione della ferrovia fu letteralmente schiacciata, il diretto era passato da pochi minuti. Nel 1951 il franamento di una enorme massa di terreno melmoso era avvenuto per il cedimento d'una roccia che lo reggeva cosi' come una diga trattiene le acque di un d'un serbatoio. La massa melmosa era defluita da una bocchetta fin giu' alla linea ferroviaria sommergendola. Invece la roccia era slittata giu' sul proprio piano di sedimentazione, andando a sfasciarsi nel vallone del torrente Rido; proprio di fronte a S. Giovanni. Un cumulo imponentissimo di grossi pietrami si era dunque ammassato nel vallone ... " Segue la descrizione di come questo fu il presupposto nel 1958 per diventare una diga mal connessa, e, per i 300 mm di acqua precipitata nel pomeriggio del 19 agosto nel bacino del Rido, si formo' un lago improvvisato, e infranta la diga, riverso' migliaia di metri cubi d'acqua e il ciottolame del vecchio alveo del Rido, e sbarro' il corso del Diveria, ma questa e' un'altra storia.